Perché ci Siamo
A questa domanda si potrebbero dare diverse risposte, più o meno banali e ripetute, come “perché ce l’ha ordinato il Dottore come rimedio allo stress”, oppure “perché se ne sentiva il bisogno”, oppure ancora “perché chi fa da se fa per tre”, perché l’unione fa la forza, ovvero, per chiuderla con un augurio, “perché è sempre meglio esserci che non esserci”, e via di questo passo. Inoltre ciascun socio potrebbe rispondere nel modo più attinente alle motivazioni proprie nel sentirsi indotto a far parte dell’adina.
Tuttavia, l’associazione in quanto tale, ossia raggruppamento, rappresentanza e sintesi di un patrimonio e di una aspettativa collettiva, ha il dovere di dare una risposta nella quale si possano riconoscere tutti i soci, al di là delle rispettabili motivazioni personali di ciascuno.
E la risposta, a nostro avviso, è la seguente: “per non aspettare che altri ti offrano nel loro infinito tempo ciò che a te occorre avere in un tempo ragionevole”. Attenzione, questo concetto non va intesa come uno stimolo a sottrarsi alle regole. Per carità!
Piuttosto è il contrario. Ossia va inteso come stimolo ad operare. Stimolo rivolto sia a se stessi, per proporre e per fare, e sia al destinatario di una richiesta su cui, avendo facoltà di disporre, ha il compito e il dovere di decidere. Volendo essere più diretti, possiamo dire che è anche uno stimolo a superare i limiti dell’individualismo. Ciò per evitare che l‘obiettivo comune possa essere ignorato e relegato nel disinteresse, quando esso è sentito ed espresso in modo individuale.
Associarsi, anche solo per capire e confrontare opinioni diverse su obiettivi comuni, è una scelta che dà valore sia a chi si associa e sia all’associazione nel suo complesso, mantenendo inalterata la libera facoltà di conferma e di rinuncia.